L’indagine finanziaria è una forma di controllo, particolarmente invasiva, che consente agli Uffici di richiedere, previa autorizzazione, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, dal contribuente attraverso qualunque intermediario finanziario.
Ebbene, come si evince dalla Circolare n. 19/E/2019, emanata lo scorso 8 agosto, l’Agenzia delle Entrate ha comunicato l’intento di adottare l’indagine finanziaria, facendone ampio ricorso, quale strumento istruttorio da utilizzare ai fini dell’attività di accertamento. Ma cerchiamo di capire cosa si cela dietro tale mezzo istruttorio e quanto importante risulti una corretta gestione del conto.

Indagine finanziaria
L’indagine finanziaria è una particolare procedura che consente al Fisco di acquisire elementi e dati sui rapporti intrattenuti dai contribuenti con gli intermediari finanziari. Dall’esame di tali conti è possibile individuare movimentazioni che, se non opportunamente giustificate dal contribuente, vengono contestati dall’amministrazione quali maggiori ricavi o compensi.

L’accesso ai dati contenuti nel suddetto Archivio è attribuito agli organi deputati al controllo fiscale, ossia ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Si badi, però, che l’accesso alla banca dati non è ammessa a fini esplorativi, ossia prima di aver individuato il soggetto da controllare. Tale procedura è, infatti, esperibile “esclusivamente per quei soggetti nei cui confronti sono già state avviate le attività istruttorie per l’esecuzione delle indagini finanziarie, e previa apposita autorizzazione, per l’Agenzia delle Entrate, del direttore centrale accertamento, e per la Guardia di finanza, del comandante regionale”.

Conti correnti intestati a terzi e conti cointestati
L’indagine finanziaria può essere estesa ai conti correnti intestati a soggetti terzi. Possono formare oggetto di verifica, infatti, non solo i conti intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, ma anche i conti cointestati o quelli sui quali il contribuente “accertato” ha la possibilità di operare tramite delega ovvero ancora per i quali gli Uffici ritengono sussistere gli estremi dell’interposizione fittizia, ossia l’effettiva riconducibilità al contribuente “accertato” del conto fittiziamente intestato a un prestanome. Quanto detto accade spesso e soprattutto nel caso di imprese individuali e società a ristretta base azionaria.

Sul punto si precisa che, in sede di rettifica ed accertamento delle imposte sui redditi nei confronti di una società, anche se di capitali, l’Ufficio può all’uopo utilizzare i dati acquisiti dagli istituti bancari e relativi a conti correnti intestati ad amministratori, soci o procuratori generali della società. Tuttavia, in questi casi, l’Amministrazione finanziaria deve dimostrare, anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell’intestazione ovvero la sostanziale riferibilità all’impresa dei conti nella loro interezza o di alcuni singoli dati, senza dover altresì provare che tutte le operazioni sui conti medesimi rispecchino operazioni aziendali. Grava poi sul contribuente l’onere di dimostrare l’estraneità delle movimentazioni contestate all’attività d’impresa.

Controlli sui conti
Dall’esame dei conti correnti bancari del contribuente è possibile rinvenire movimentazioni che, se non opportunamente e singolarmente giustificate, rappresentano delle presunzioni di maggior reddito. I prelevamenti e i versamenti non giustificati danno luogo a una presunzione legale relativa, in forza della quale le somme prelevate o versate si presumono compensi/ricavi non dichiarati. Per tali presunzioni è prevista la prova contraria a carico del contribuente che dovrà dimostrare che di tali movimentazioni ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta ovvero che le stesse non hanno a tal fine rilevanza.

Prelevamenti dei professionisti
Nel caso di indagini finanziarie svolte nei confronti dei professionisti la presunzione relativa ai prelevamenti non può essere applicata. Secondo la Sentenza n. 228/2014, pronunciata dalla Corte Costituzionale, la presunzione in argomento sui prelevamenti riguarda solo i titolari di reddito di impresa. Analogo criterio viene adottato nei confronti dei privati.
Sui redditi di impresa va specificato che, limitatamente ai prelevamenti bancari, è posto un limite di euro 1.000,00giornalieri e comunque di euro 5.000,00 mensili, al di sotto del quale la presunzione sui ricavi non dichiarati, derivanti dalle movimentazioni non giustificate, non può operare.

Come difendersi
Quanto detto dovrebbe far riflettere sull’impiego massivo dell’indagine finanziaria quale strumento di controllo, in quanto si rischia di colpire non solo gli imponibili sottratti a tassazione, ma anche le movimentazioni delle quali non si è in grado di fornire giustificazioni.
Ciò vale anche per il contribuente “modello”, ossia per quel soggetto che presenta una condotta fiscalmente impeccabile ed esemplare. Infatti, pagare puntualmente le tasse e ottemperare tempestivamente agli adempimenti fiscali non escludono il contribuente dalla possibilità di essere sottoposto ad indagine finanziaria e se lo stesso non ha tenuto una corretta e puntuale gestione dei conti correnti rischia comunque l’accertamento.

Ed ecco che l’unica arma a disposizione del contribuente è proprio questa: un’oculata e lungimirante gestione del proprio conto corrente.
Sebbene per le società di capitali e per gli altri contribuenti che adottano, anche per opzione, la contabilità ordinaria tale circostanza non dovrebbe costituire un problema considerato che le movimentazioni finanziarie trovano (o dovrebbero trovare) puntuale riscontro nella contabilità aziendale, stessa cosa non può dirsi con riferimento alle società di persone e ai soggetti titolari di partita IVA in contabilità semplificata.

Nello specifico è opportuno anzitutto che tali soggetti conservino copie delle operazioni di versamento e prelevamento effettuati sui conti correnti (copie assegni, bonifici, ecc.); molto spesso è oltremodo difficoltoso e dispendioso reperire copie di questi documenti direttamente presso l’intermediario, specie a distanza di anni dall’esecuzione dell’operazione. Inoltre, in talune circostanze, è opportuno utilizzare distinti rapporti di conto corrente così da tenere separata la gestione finanziaria personale con quella professionale/imprenditoriale.

Si consiglia altresì un impiego ridotto del contante anche in termini di versamenti/prelevamenti del titolare. È opportuno preferire giroconti o bonifici piuttosto che prelievi e versamenti di contante. In questo modo c’è perfetta trasparenza e tracciabilità dei flussi delle due gestioni.

In ultimo, attenzione anche alle deleghe sui conti correnti dato che, come visto, l’indagine finanziaria può essere estesa anche su quelli intestati a soggetti terzi.

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