Alla luce dell’immediatamente e alquanto repentina abrogazione dell’istituto dei voucher per mezzo del D.L. n. 20/2017, a decorrere dal 17 marzo 2017, permettendo di poterli utilizzare fino a fine anno soltanto per quelli già acquistata alla predetta data, il governo ha creato un vuoto normativo per tutte quelle esigenze (genuine) di prestazioni di lavoro residuali ed estemporanee. Quindi, a fronte dell’esigenza di eliminare gli abusi sempre più crescenti dei voucher, il governo ha di fatto eliminato tronco il lavoro accessorio e occasionale dall’ordinamento, senza fornire una valida alternativa per regolarizzare quelle prestazioni saltuarie che continuano ad esistere, contribuendo così al rischio di alimentare il lavoro nero.

In attesa di un intervento normativo ad hoc, la Fondazione Studi nell’Approfondimento del 24 marzo 2017 ha analizzato le possibili tipologie contrattuali da utilizzare come valida alternativa ai buoni lavoro per regolarizzare i rapporti di lavoro occasionale.
Vediamoli nel dettaglio.

Somministrazione – Il primo valido istituto che suggerisce la Fondazione Studi è la “somministrazione”. Si tratta, in particolare di un contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.

Caratteristica della somministrazione è la scomposizione tra il titolare formale del rapporto di lavoro (l’agenzia di somministrazione) e l’utilizzatore sostanziale (chi riceve la prestazione lavorativa, dopo aver richiesto il lavoratore “somministrato” all’agenzia). In questo caso, affermano i CdL, è evidente sin dalla definizione del tipo di rapporto di lavoro che si tratta di un istituto destinato sì a rispondere ad esigenze temporanee, ma per come è strutturato e per gli adempimenti che richiede pur sempre la formalizzazione di un contratto scritto con uno specifico contenuto obbligatorio: il riferimento all’autorizzazione amministrativa dell’agenzia, la previsione della durata del rapporto, le mansioni, l’orario ed il luogo di lavoro. È evidente che pur potendo rispondere – come già accade nella pratica – ad alcune esigenze limitatamente alle imprese, la somministrazione non si presta a soddisfare quella esigenza di semplicità di utilizzo che invece il “lavoretto” estemporaneo e circoscritto richiede.

Intermittenti – Altro istituto, che per certi versi è quello più simile ai voucher, è il lavoro intermittente che ha il compito di rispondere alle esigenze connesse al lavoro accessorio, perché prevede la possibilità di richiedere la prestazione di lavoro “a chiamata”, soltanto cioè quando il datore di lavoro la richieda, con un connotato di “estemporaneità” assimilabile perciò all’utilizzazione dei voucher.

Tuttavia, va rilevato che il lavoro intermittente è pur sempre un rapporto di lavoro subordinato a tutti gli effetti, che prevede adempimenti, formalità ed oneri tipici di questa tipologia generale. L’unico elemento di specialità è rappresentato dalla eventualità della prestazione, che può essere richiesta dal datore di lavoro quando la ritiene necessaria e non è un obbligo continuo per il lavoratore, come avviene per i dipendenti nella generalità dei casi. Questo però sempre nell’ambito di un vero e proprio contratto di lavoro, scritto, che può anche essere a tempo indeterminato e che dunque presuppone delle esigenze diverse da quelle tipiche del lavoro accessorio cui erano destinati i voucher.

Comparazione dei costi – La Fondazione Studi CdL ha effettuato un analisi di comparazione dei costi delle differenti forme contrattuali: lavoro accessorio, somministrazione, co.co.co. e intermittente, al fine di evidenziare le differenze di costo rispetto alla gestione dei voucher.

Dallo studio è emerso che:
l’adozione del lavoro occasionale risulta particolarmente agevole in termini di costi e adempimenti. Tuttavia, l’esigenza connessa a prestazioni occasionali ed estemporanee è al momento insoddisfatta, stante l’abrogazione integrale della normativa in merito;
il contratto di somministrazione nelle differenti tipologie analizzate non risulta tra i meno onerosi; infatti oltre ai costi dettati dalla contrattazione collettiva lo stesso è da intendersi ulteriormente aggravato dalle maggiorazioni che le agenzie di somministrazione richiedono per la loro attività;
seppur non rapportabile a base oraria o mensile, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa è stato preso a riferimento poiché nel ventaglio delle opzioni contrattuali disponibili risulta meno vincolato agli schemi previsti per i lavoratori subordinati. Tuttavia i limiti previsti dalla normativa vigente ne circoscrivono l’ambito di applicazione a prestazioni rese nella piena autonomia operativa, seppur prevedendo momenti di confronto con la committenza;
il contratto di lavoro intermittente, nell’ambito dello svolgimento di prestazione di lavoro subordinato, dall’analisi riportata risulterebbe la forma contrattuale più aderente sia in termini di costi che in termini di gestione. Infatti la peculiarità di questa forma contrattuale consente di accedere a prestazioni di lavoro discontinue, circoscritte esclusivamente a specifici periodi dell’anno o cicli di lavoro. Da notare che nella relazione del contratto di lavoro intermittente è prevista la possibilità che le parti disciplinino la disponibilità a garantire la prestazione al momento della chiamata del committente, a fronte di un riconoscimento di una indennità di carattere retributivo. Se da un lato infatti, tale disponibilità determina un aumento dei costi (almeno il 20% della retribuzione spettante), dall’altro assolve ad una duplice funzione: garanzia per il datore di lavoro della prestazione e garanzia per il lavoratore di una forma retributiva che, in aggiunta alla retribuzione spettante per la prestazione resa, garantisce una ulteriore stabilità retributiva.

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